L'Autorità contesta a Google un utilizzo discriminatorio dell'enorme mole di dati raccolti attraverso le proprie applicazioni, impedendo agli operatori concorrenti dell'advertising online di competere in modo efficace. E ipotizza ricadute anche sui consumatori. L'intervento è stato avviato su segnalazione di Iab Italia
29 ottobre 2020 - L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust) affronta il caso Google e apre, su segnalazione di Iab Italia, un'istruttoria per un possibile abuso di posizione dominante nel mercato italiano dell'advertising online. La società, controllata da Alphabet Inc, avrebbe violato l'articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea per quanto riguarda la disponibilità e l'utilizzo dei dati per l'elaborazione delle campagne pubblicitarie di display advertising.
Spiega un comunicato: “Nel cruciale mercato della pubblicità online, che Google controlla anche grazie alla sua posizione dominante su larga parte della filiera digitale, l'Autorità contesta alla società l'utilizzo discriminatorio dell'enorme mole di dati raccolti attraverso le proprie applicazioni, impedendo agli operatori concorrenti nei mercati della raccolta pubblicitaria online di poter competere in modo efficace”. Tra l'altro Google “avrebbe utilizzato elementi traccianti che consentono di rendere i propri servizi di intermediazione pubblicitaria in grado di raggiungere una capacità di ‘targettizzazione’ che alcuni concorrenti altrettanto efficienti non sono in grado di replicare”. Google dispone di molteplici strumenti per ricostruire in maniera dettagliata il profilo dei soggetti cui indirizzare i messaggi pubblicitari, tra cui il sistema operativo mobile Android, installato sulla gran parte degli smartphone utilizzati in Italia, il browser per dispositivi Chrome mobile per la ricerca in mobilità, il browser per pc Chrome, Google Maps/Waze, gmail, Youtube.
La nota ricorda anche il perimetro di mercato. La raccolta pubblicitaria online nel 2019 ha registrato in Italia un valore di oltre 3,3 miliardi, che rappresenta il 22% delle risorse del settore dei media, e il solo display advertising ha conseguito un fatturato superiore a 1,2 miliardi. Per importanza, la raccolta pubblicitaria online costituisce, in termini di valore, la seconda fonte di ricavi del settore dei media.
L'Autorità ipotizza ricadute anche sui consumatori: “L'assenza di concorrenza nell'intermediazione del digital advertising potrebbe ridurre le risorse destinate ai produttori di siti web e agli editori, impoverendo così la qualità dei contenuti diretti ai clienti finali. Inoltre, l'assenza di una effettiva competizione basata sui meriti potrebbe scoraggiare l'innovazione tecnologica per lo sviluppo di tecnologie e tecniche pubblicitarie meno invasive per i consumatori”.
Si felicita Iab Italia della decisione dell'Antitrust e “auspica che dal confronto possa scaturire un percorso efficace per tutelare un settore destinato a diventare sempre più importante in termini di valore e di competenze, che in Italia impiega oltre 280mila professionisti e vale il 3,7% del Pil”. Secondo Iab è urgente permettere a tutti gli operatori – editori, concessionarie, agenzie specializzate e ad-tech company – di giocare alla pari con chi può avanzare tecnologicamente grazie a risorse finanziarie sovente legate a un carico fiscale quasi inesistente".
Arriva la replica di Google, secondo cui "i cambiamenti oggetto dell'indagine sono in parte misure per proteggere la privacy delle persone e rispondere ai requisiti del Gdpr". Google comunque dichiara che “continuerà lavorare in modo costruttivo con le Autorità italiane su questi aspetti importanti, in modo che tutti possano ottenere il massimo dall'uso di internet".