GDPR, questo sconosciuto. PHD Italia presenta ’L'insostenibile leggerezza del dato‘
Gli italiani sono preoccupati per la privacy online, ma non così attenti a proteggerla, consapevoli del valore commerciale dei dati personali, ma poco informati sul loro effettivo utilizzo. Uno su tre vorrebbe avere un maggiore controllo sulle informazioni che fornisce alle aziende, anche perché solo il 15% crede nella trasparenza delle aziende rispetto alle politiche di gestione dei dati personali dei clienti. Tre italiani su 5 vorrebbero denaro contante in cambio della cessione dei propri dati, in media 90 euro al mese
(19 novembre 2018) - A sei mesi dall'applicazione nei Paesi europei del nuovo regolamento europeo GDPR (General Data Protection Regulation), PHD Italia (agenzia media, di comunicazione e marketing di Omnicom Media Group ) torna a indagare sull'atteggiamento degli italiani nei confronti della protezione dei dati personali con una nuova tranche della ricerca ‘L'insostenibile leggerezza del dato. La nuova wave conferma il ritratto contraddittorio degli italiani in materia di privacy online: preoccupati ma non così attenti a proteggerla, consapevoli del valore commerciale dei dati personali, ma poco informati sul loro effettivo utilizzo. Desiderosi, comunque, di avere un maggiore controllo sulle informazioni fornite, perché poco convinti della trasparenza delle aziende.
GDPR, questo sconosciuto La ricerca evidenzia una conoscenza ancora limitata della nuova regolamentazione europea sul trattamento dei dati e una scarsa consapevolezza della sua importanza: il 44% degli intervistati non ha mai sentito parlare del GDPR e un altro 27% l'ha sentito nominare ma non sa di cosa si tratti. Il 55% del campione lo identifica correttamente nel ‘nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati personali’, ma nel restante 45% regna la confusione tra chi lo indica come la ‘nuova authority per la privacy’ (12%), il ‘nuovo sistema operativo che protegge la privacy’ (9%), ‘una strategia delle aziende per accedere ai dati personali per scopi di marketing’ (6%), un nuovo software per proteggere la privacy online (5%) e chi non ne ha proprio idea (13%). Necessità e utilità del provvedimento, inoltre, non sono unanimemente condivise: a fronte del 32% e del 27% degli intervistati che lo considerano rispettivamente “uno strumento utile per la tutela della privacy” e “uno strumento necessario e fondamentale per porre un freno alle ripetute violazioni della privacy”, per il 24% del campione si tratta solo di “una formalità” e per il 17% di “un'inutile complicazione burocratica”.
Valore e potere dei dati Più di sette italiani su dieci (73%, in aumento rispetto al 70% della precedente rilevazione) si dichiarano consapevoli del valore commerciale dei propri dati personali, il 50% (sei mesi fa era il 47%) concorda nella definizione di “moneta di scambio per contenuti gratuiti sul web”. Ma alla domanda “In che modo vorresti essere ricompensato per la condivisione delle tue abitudini?” la maggioranza degli intervistati (il 62% del campione) sceglie come risposta “con del denaro” e quando si tratta di dare un “prezzo” a queste informazioni a vincere nella quotazione è la sfera intima: se uno su cinque accetterebbe, infatti, di essere monitorato negli spostamenti per 50 euro al mese, per le abitudini sessuali ne chiederebbe il doppio; più di cento euro, per uno su tre, per le informazioni medico sanitarie. Accanto al concetto di valore del dato si fa strada anche quello di potere del dato: il 59% degli italiani si dice infatti convinto del fatto che un utilizzo improprio dei dati personali possa manipolare la democrazia.
Dati e trasparenza: poca fiducia nelle aziende Che cosa si aspettano gli italiani? Uno su due (54%) ritiene le istituzioni responsabili della protezione dei dati personali e della privacy, per il 66% il governo dovrebbe intervenire di più nella regolamentazione e il 68% vorrebbe avere un maggiore controllo sulle informazioni che fornisce alle aziende, anche perché solo il 15% del campione si dice convinto della trasparenza delle aziende rispetto alle politiche di gestione dei dati personali dei clienti. Quasi la metà degli italiani, inoltre, (il 45% del campione, in crescita di oltre 20 punti rispetto al 31% di sei mesi fa) prevede che le loro scelte di acquisto potrebbero essere influenzate dal livello di trasparenza sul trattamento dei dati offerto dall'azienda del prodotto o servizio che intendono acquistare.
Preoccupati ma pigri Preoccupazione e consapevolezza sul tema dei dati personali non si traducono nell'adozione di comportamenti utili a contenere i rischi. Circa sei italiani su dieci (59% del campione contro il 62% di sei mesi fa) si dicono preoccupati per la privacy online e sette su dieci (71% contro il 67% di sei mesi fa) dichiarano che la preoccupazione, rispetto al passato, è sensibilmente aumentata. Solo il 52%, però, si definisce “molto attento” alla protezione della propria privacy online, percentuale che sale invece di molti punti, al 68%, quando si tratta di proteggere la privacy dei minori. Il 42% del campione confessa che condividere informazioni personali in rete lo spaventa, ma una percentuale analoga (40%), quando valuta il consenso al trattamento dei dati personali, dichiara di cliccare su “consenti” leggendo velocemente o non leggendo affatto. Solo uno su cinque (22%) si descrive come “sempre consapevole” per quanto riguarda il trattamento dei propri dati. A proposito della nuova regolamentazione europea, inoltre, la maggioranza del campione dichiara di aver letto “solo alcune” (42%) o addirittura “solo le prime” (28%) delle email che facevano riferimento al GDPR ricevute in questi sei mesi. E a prevalere, dopo la ricezione delle email, è stata la conferma del consenso al trattamento dei dati (35%) o la passività (“non ho fatto niente”, dichiara un intervistato su quattro).
La gestione e lo scambio dei dati personali in rete preoccupano, in particolare, per il furto d'identità (77%), frodi informatiche e phishing (76%) e per l'utilizzo improprio dell'immagine dei minori (74%). Seguono, nella rosa delle preoccupazioni, la scarsa trasparenza sull'utilizzo dei dati personali (72%) e la cessione dei dati a terzi (69%). Eppure, se si vanno ad indagare le misure adottate negli ultimi sei mesi per proteggere la propria privacy, si scopre che anche uno fra gli strumenti più noti, la navigazione in incognito, supera di poco il 25%.
I quattro cluster Allarme o fiducia, così come controllo o disinvoltura nei confronti dei dati personali e del GDPR, viaggiano a velocità e con sfumature diverse a seconda del “data mindset” degli intervistati che, rivela la ricerca, possono essere raggruppati in quattro profili principali: Protagonisti (16%), Antagonisti (28%), Comparse (29%) e Spettatori (27%). Nel contesto della cosiddetta “data economy”, come nella sceneggiatura di un film in cui tutti siamo chiamati ad avere un ruolo, i Protagonisti hanno maturato un alto livello di consapevolezza sul tema, sono coinvolti in prima persona nella gestione dei propri dati personali, sono attenti e informati sulle strategie e gli strumenti per tutela della privacy; gli Antagonisti sono molto preoccupati per la gestione dei propri dati personali ma incapaci di prendere in mano la situazione, sono diffidenti, ansiosi e sentono di non poter avere nessun controllo; le Comparse prendono le distanze dal tema, che considerano una questione unicamente tecnologica, sono ottimisti e si lasciano sostanzialmente trascinare dal progresso senza particolari attenzioni o strategie; gli Spettatori pensano che il tema della protezione dei dati non sia un loro problema, desiderano un maggior controllo, ma lo demandano completamente ad altri.
Commenta Alessandro Lacovara, managing director di PHD Italia: “Il 73% degli intervistati dice di sapere che i propri dati personali hanno un valore commerciale e il 62% sa bene cosa vorrebbe in cambio una volta ceduti: denaro contante. Novanta euro al mese è il prezzo medio che gli italiani chiederebbero a un'azienda per consentirle di ‘spiare’ le proprie abitudini d'acquisto e le ‘tariffe’ salgono oltre i 100 se a essere monitorate sono informazioni di tipo medico o che riguardano la propria intimità. Troppo poco? Lasciamo tracce online ogni giorno, quasi senza accorgercene, e la tecnologia le utilizza apparentemente senza sforzo. Ma questo lavoro silenzioso sta cambiando tutto e affrontare marketing e comunicazione senza capire la centralità del dato è, oggi e domani, insostenibile: i brand dovranno sempre più concentrarsi su come ottenere la fiducia dei consumatori in merito alla gestione dei dati personali e da questo dipenderà il fallimento o il successo delle aziende del prossimo futuro”.
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L'AS Roma con We are social celebra l'inno di Venditti nella campagna ‘Core de ’sta città’
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A cinquant'anni dall'uscita di ‘Roma (non si discute, si ama)’ di Antonello Venditti, l'AS Roma celebra l'inno dei tifosi nella campagna abbonamenti per la stagione 2025/26 a titolo ‘Core de ’sta città’, con creatività di We Are Social, che prosegue la sua collaborazione con il Club. Al centro c'è l'idea del coro come filo invisibile che unisce tutti i romanisti, dentro e fuori dallo stadio, dalle strade fino all'Olimpico, dove l'emozione si trasforma in voce collettiva. Non solo un omaggio all'inno ma una celebrazione di chi vive la Roma come identità, fede, scelta di vita. L'audio curato da Hoodooh gioca un ruolo chiave: la traccia è costruita partendo dal brano originale arricchito da prese dirette degli attori e da contributi ambientali. Completa la campagna una serie di ritratti firmati dal Brian Laluna, esperto di fotografia calcistica, che traducono visivamente lo spirito del film, immortalando scene di quotidianità romanista. ‘Core de ’sta città’ è on air sui canali del Club - DOOH, digital, social e media tradizionali. (25 giugno 2025)
SULLO SCHERMO211
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HAPPY HOLIDAYS / Drammatico
Arriverà il 3 luglio nelle sale italiane ‘Happy Holidays' (titolo originale 'Yinʿād ʿAlēkom'), secondo lungometraggio del regista palestinese Scandar Copti, che ha impiegato cinque anni per completarlo e ha voluto un cast composto da non professionisti, scelti in base alle professioni nella vita reale. Prodotto da Palestina, Germania, Francia e Italia, col sostegno del Doha Film Institute (Qatar) e dell'Arab Fund for Arts and Culture, è distribuito da Fandango. Ha vinto due premi alla Mostra del Cinema di Venezia del 2024 dove è stato presentato nella sezione Orizzonti. Dura 123’
Complicata la vita ad Haifa, Israele, per una famiglia palestinese finita in difficoltà economiche per i passi falsi del capofamiglia. Tutti hanno problemi. Hanan, la madre, non vuole vendere la casa e battaglia perché una delle figlie abbia comunque una grande festa di matrimonio. Spera nel rimborso dall'assicurazione per l'incidente che ha coinvolto l'altra figlia, Fifi, che studia all'università a Gerusalemme e fa una vita libera, ma deve assolutamente nasconderlo. E’ a rischio la reputazione della famiglia, così come la storia nascente col giovane medico Walid, amico del fratello Rami. Questi, a sua volta, è nei guai perché la fidanzata Shirley, un'hostess ebrea, non vuole più abortire. Non c'è futuro in Israele per un bambino metà ebreo e metà arabo. Ne è convinta anche la sorella di Shirley, Miri, che se la deve vedere anche con la figlia sedicenne che si gioca la carta delle depressione per non assolvere il servizio militare, obbligatorio nell'esercito israeliano. Ne esce un intreccio complesso, tra tensioni etniche e culturali, su una società divisa e rigidissima, con regole desuete, dove non c'è libertà individuale, dove ai bimbi ebrei già dall'asilo viene fatto il lavaggio del cervello col credo ‘Dio, Esercito, Bibi’. La storia è a capitoli, con un gioco di ripresa di parti del racconto che evidenzia i diversi punti di vista. Film molto interessante e illuminante, in particolare in questo momento storico.